Nato a Manglisi (Georgia), Leonid Pavlov (1909 -1990) è tra i più brillanti, validi, intellettualmente complessi esponenti della seconda generazione di architetti sovietici formatisi dapprima nel clima avanguardistico degli anni venti (che aveva il suo epicentro indiscusso nel Vkhutemas-Vkhutein) e poi affermatisi nel clima e nelle istituzioni già profondamente riformato degli anni trenta.
La sua attività attraversa l’intera gittata storica dell’URSS e ne interpreta, sempre con forti tratti di originalità, gli sviluppi architettonici segnati, nelle diverse fasi, da profonde rotture. La fertilità e l’ampiezza della visione intellettuale e creativa, alimentata dai vasti e trasversali interessi culturali e Dal rapporto intenso ed organico con le istanze moderniste e il classicismo, spiegano la collocazione peculiare dell’architetto nella vicenda progettuale sovietica della quale è un importante testimone a partire dagli anni trenta-quaranta e, senza ombra di dubbio, uno dei principali e imprescindibili protagonisti nei decenni successivi il secondo conflitto mondiale. Avviatosi inizialmente verso gli studi artistici (1922-23), Leonid Pavlov entra quindi nel Vkhutemas nel 1924, e studia architettura
tra il 1926 e il 1930 con Aleksandr Vesnin e Ivan Leonidov. Del grande architetto, al quale sarà sempre legato da una profonda amicizia, può essere considerato il principale “erede”. La lezione leonidoviana trova riscontro, in particolare, nei progetti architettonici ed urbanistici elaborati da Pavlov negli anni sessantasettanta. Vale a dire la stagione più fertile del “soviet modernism”, inaugurata dalla riforma di Khrushchev; stagione segnata da spinte innovative, dal radicalismo progettuale e dalla riscoperta dei pionieri dell’Avanguardia.